Fotografia Analogica: Perché scattare ancora su pellicola?

Spazio Chirale Trends   •   2 novembre, 2018

Long Reading

Da circa un anno abbiamo aggiunto al nostro palinsesto di corsi ed eventi un workshop di fotografia analogica dal formato molto particolare.

Da circa un anno è uno dei nostri workshop più richiesti e non c’è stata edizione in cui i posti disponibili non fossero esauriti.

Come molti dei nostri eventi di punta, parte delle attività si svolgono nello Spazio Chirale di Garbatella, Fab Lab e Atelier con buona esposizione su strada grazie a due ampie vetrine e ad un allestimento che ricorda una galleria d’arte.

Galleria di Processo è come preferiamo chiamare questo nostro spazio, perché più che le opere in sé ci piace esporre i processi attraverso i quali le opere stesse sono realizzate. “Process Matters” è uno dei nostri slogan preferiti.

E proprio il processo è il protagonista della storia che stiamo per raccontarvi e il motivo che è alla base della risposta al titolo di questo articolo.

Durante uno dei nostri affollati workshop la vetrina dello Spazio Chirale era stata come al solito allestita a tema e una composizione di pellicole da 35 mm, artisticamente esposte in un groviglio di strisce con le caratteristiche perforazioni che le rendono riconoscibili anche a chi non ha mai scattato fotografie analogiche, aveva attratto l’attenzione di un passante.

Lo Spazio Chirale è stato progettato per attirare l’attenzione dei passanti e oramai gli abitanti della Garbatella sono abituati al fatto che all’interno avvengono cose a volte strane e bizzarre e la vetrina è sovente oggetto di ritratto con conseguente post sui gruppi social riservati ai cittadini del quartiere.

Siamo quindi abituati a persone che imboccano la porta d’ingresso come se fosse un negozio sempre aperto al pubblico, ma in fondo abbiamo due vetrine su strada e una porta a vetri proprio come un negozio.

Per cui non era strano che un avventore fosse entrato e stesse guardando con curiosità il groviglio di pellicole e gli altri oggetti dall’apparenza strana che erano sul tavolo accanto alla vetrina.

– Buongiorno, vuole sapere qualcosa? Chieda pure.

Ma le fanno ancora?

– Cosa fanno ancora?

Le pellicole, le vendono ancora le pellicole?

– Certo che si! Anzi, ultimamente sono uscite molte pellicole nuove, con nuove tecnologie che vent’anni fa non esistevano nemmeno.

Ma Perché?

– Perché cosa, scusi?

Perché le fanno ancora? Pensavo che oramai con le macchinette digitali non ci fossero più le pellicole. Ma la Kodak non era fallita? Perché quella sembra proprio una Kodak.

– Era in fallimento, la Kodak, ma ora c’è di nuovo, è riorganizzata, in Germania, la Kodak Alaris, fabbrica pellicole, c’è pure la Ilford, riacquistata dai vecchi proprietari che l’avevano venduta ad una multinazionale, quella è una Ferrania P30, … vabbé sarebbe una storia lunga… Comunque la fotografia analogica è ripresa alla grande, sa.

Ma perché? Proprio mi sfugge!

– Non è una cosa strana, potrebbe sembrare una cosa strana, ma se ci pensa un attimo non è così. Cerco di spiegarmi. Ad esempio, secondo Lei, i pennelli, le tele e i colori ad olio li fanno ancora?

Certo che sì. Perché me lo chiede?

– E questo non le sembra strano?

Perché dovrebbe essere strano, i pittori esistono ancora, e poi se uno vuole dipingere, così per divertimento, c’è tanta gente che dipinge.

– E non potrebbero usare un computer con Illustrator o Corel Draw o un altro programma di disegno?

Ma che assurdità! Un pittore con Illustrator, un pittore non sarebbe più un pittore, quelli sono i grafici che usano Illustrator.

– Però, prima che ci fossero i personal computer i grafici usavano penne, matite, pennelli, gli stessi strumenti di qualunque artista grafico. Ora usano i computer perché è più efficace per il loro lavoro.

Non capisco cosa c’entri questo paragone. I grafici sono una cosa, i pittori o gli artisti che usano matite, carboncini sono un’altra cosa, non confondiamo le idee… e poi chi dipinge anche se non è un’artista lo fa per passione e divertimento, con il computer non sarebbe divertente!

– Vede che invece inizia a capire?

No. Non capisco.

– Si, invece. Il pittore esprime la sua creatività anche grazie al processo manuale e alla sua tecnica che impiega certi mezzi e certi prodotti, chi dipinge si diverte, perché esprime la sua creatività, la tela, il pennello, la loro matericità, il mescolio dei colori sulla tavolozza, gli odori, i lievi suoni che vengono prodotti, … il processo è parte integrante dell’esperienza, il processo è una parte fondamentale dell’espressione artistica, è il percorso che porta all’opera finale. Ogni opera è tale grazie al processo che la produce. Per questo la fotografia analogica è cosa assolutamente diversa dalla fotografia digitale.

… Questo è vero! Sa che non ci avevo mai pensato?

– La fotografia digitale è perfetta e molto più efficace della fotografia analogica per molti professionisti, reporter, fotografi industriali, che producono e vendono immagini, ci sono anche fotografi artisti che si esprimono bene con il processo digitale, amano il processo digitale e abili nell’uso di prodotti come Photoshop realizzano opere d’arte, assolutamente di valore. La fotografia analogica semplicemente è diversa, perché si svolge secondo un processo molto diverso. Le sensazioni che si provano durante la realizzazione di una foto analogica non hanno niente a che vedere con il workflow (lo chiamano così) digitale. Sono due cose diverse. Praticare scultura è cosa diversa dal praticare la pittura o l’arte grafica digitale, così la fotografia digitale è cosa diversa dalla fotografia analogica. Oggi, in questo spazio non stiamo facendo fotografia (termine che in realtà sarebbe ambiguo) ma fotografia analogica. Un tempo la fotografia era solo analogica e si chiamava semplicemente fotografia. Oggi c’è la fotografia digitale ma c’è ancora la fotografia analogica e, da quello che stiamo vedendo, ci sarà per sempre, proprio come la pittura su tela, e questo lo hanno ben capito anche i produttori di pellicole, vecchi e nuovi.

L’ignoto visitatore è andato via soddisfatto e anche un po’ rallegrato, perché sapere che un mondo non è scomparso, ma anzi, è vivo e vitale è una cosa che in fondo fa piacere.

Per il nostro laboratorio la fotografia analogica è stata una scommessa vincente.

Paradossalmente una tecnologia che i più credevano scomparsa una ventina di anni fa è oggi proposta come un’innovazione di processo per gli artisti visuali che usano la fotografia come mezzo espressivo.

Proprio gli artisti sono stati i primi soggetti attratti dalla nostra proposta, soprattutto gli artisti concettuali. L’arte moderna è oramai basata sull’equilibrio tra i suoi tre paradigmi più importanti: estetica, tecnica e concettuale.

Per molti autori, l’arte non è compatibile con il tasto CTRL+Z degli strumenti digitali, la funzione ‘undo’ che cancella per sempre gli sbagli dal processo di produzione dell’opera toglie valore all’opera stessa. Un processo unico e irripetibile ha più valore di un processo serializzabile. L’arte non può essere produzione seriale!

Ma non c’è solo questo.

Per molti di noi la fotografia è un hobby, un’attività che appartiene alla sfera del tempo libero, e quando entriamo in questo ambito, bisogni ed esigenze sono molto simili a quelle che hanno gli artisti di professione, ammesso che l’arte possa essere una professione.

Non parliamo di fotografia istantanea, di scatti fatti per condividere momenti e ricordi, per queste cose la fotografia digitale è strepitosamente perfetta, parliamo di diletto e tempo libero, fotografiamo con lo stesso spirito con cui ci metteremmo a dipingere un quadro o a decorare oggetti per la casa o qualunque altra futile attività di bricolage.

Quando entriamo in questa modalità quello che conta è il divertimento e il coinvolgimento sensoriale che l’attività a cui ci dedichiamo ci restituisce.

Il nostro Workshop insegna proprio questo. Per questo scrivevamo all’inizio che è un Workshop dal formato molto particolare. E’ un Workshop che ha la pretesa di insegnare come vivere un’esperienza più che la tecnica che serve per praticare la fotografia analogica.

È un evento di due giorni progettato per trasferire e suscitare emozioni.

Solitamente si inizia il sabato mattina, alle 10:30 circa, 12 allievi e talvolta qualche ospite illustre, qualche artista o fotografo che possa parlare anche di fotografia oltre che di emozioni, processi chimici ed esperienze, una quindicina di persone in tutto attorno ad un tavolo per introdurre il tema e raccontare quello che avverrà nel prosieguo.

È in questo momento che gli allievi capiscono veramente che dovranno fare tutto personalmente, inizieranno un processo che terminerà il giorno dopo nel tardo pomeriggio. Da ora in poi qualunque azione, variazione sul tema, errore avrà effetti irreversibili sul risultato finale, sulle stampe fotografiche che riporteranno a casa la domenica sera.

“È la prima volta che sperimentate questo processo, quando uscirete non concentratevi troppo sugli scatti, non fate oggi la foto della vita, lo scoop che vi potrebbe rendere famosi, potreste con un niente distruggere l’immagine sul rullino, anzi potreste non avere proprio l’immagine sul rullino, avete mai caricato un rullino prima d’ora?„

“No, non lo avete mai fatto, però al piccolo chimico avrete giocato e qui giocherete con la chimica, provette graduate, dosi, concentrazioni, mica venivano sempre gli esperimenti del piccolo chimico vero?„

A questo punto si comincia. Pellicola a metro, bobina da 30 mt.

“Attenti alla luce, attenti a manipolare la bobinatrice, il rullino ricaricabile si apre così, attenti alla linguetta quando lo chiudete, la luce non deve entrare, la fotografia è fatta dalla luce ma la pellicola si distrugge alla luce.„

Iniziano le sensazioni, l’odore dell’emulsione fresca di fabbrica, il fruscio della pellicola vergine che scorre dalla bobinatrice.

“Avete messo il rocchetto del rullino nel verso giusto? Il rullino se lo avvolgete male poi non scorre nella macchina, magari non ve ne accorgete e credete di fare foto ma poi le foto non ci sono, il negativo viene fuori tutto trasparente.„

“Se non avete la vostra macchina fotografica potete usare una delle nostre. Hai una macchina? La sai usare? Fai vedere, no, non funziona, manca la pila, certo è analogica ma ha le pile, servono per l’esposimetro e questa se l’esposimetro non funziona scatta a velocità fissa, si è una schifezza ma per un periodo le facevano così, meccaniche ma con l’otturatore elettronico, è analogica non meccanica, l’elettronica non è sinonimo di digitale, e poi digitale si riferisce al sensore non agli automatismi della macchina, comunque prendi una delle nostre.„

“No, non sono digitali, anche quelle sono analogiche, sono le macchine professionali fine anni ’90, autofocus, sensori sofisticati, elettronica, praticamente uguali alle moderne digitali solo che hanno la pellicola al posto del sensore.„

“Se non sei un fotografo esperto sono la scelta migliore. Inquadri e scatti, esposizione e messa a fuoco impeccabile, una variabile in meno da controllare sul processo.„

Ma, oramai lo abbiamo imparato, saranno le ultime ad essere scelte e spesso rimangono sul tavolo.

“Sei venuto qui per sperimentare l’analogico e le macchine anni ’70 ti sembrano più in tema con il mood della giornata.„

“Bellissima quella, una professionale dei primi anni ’70. Pesante vero? In realtà pesa come le professionali di oggi ma sembra più pesante. È al tatto che è diversa. Acciaio, finiture cromate, senso di solidità e robustezza.„

“Ha anche un odore piacevole, odore di tecnologia. Ha un aspetto vintage ma odora di alta tecnologia, singolare vero?. Come può la tecnologia avere un odore?„

In realtà è il silica gel, si mette negli imballi per assorbire l’umidità ed assicurare l’ambiente giusto di conservazione per i prodotti, è un fatto di memoria olfattiva, tutti i prodotti elettronici sono venduti e conservati con il silica gel, è il primo odore che sentiamo quando apriamo la scatola. Si usava già negli anni ’70 e ora come allora lo associamo ai prodotti tecnologici.

In realtà ho sempre avuto la sensazione che l’acciaio satinato dei vecchi corpi macchina esaltasse il profumo incensato del silica gel,  ma non lo dico per non sembrare un esaltato.

“Ti mostro come funziona.„

Sensazione di fluidità e affidabilità dei meccanismi. Suoni sommessi, inconfondibili ticchettii di micromeccanica di precisione. L’otturatore è carico. Si percepisce il silenzio della molla sotto pressione.

Il click inconfondibile dello scatto, più uno schklock che un click. Anche le reflex digitali fanno click quando sollevano lo specchio, ma questo è un click diverso, più corposo, più ricco di armoniche, c’è qualcosa di più. È il corpo macchina anni ’70, ha meno plastica all’interno, risuona diversamente. È un bel suono, dà soddisfazione.

“Carichiamo il rullino. Fino agli anni ’80 si usava questo meccanismo qui, con la linguetta della pellicola che deve entrare in questa fessura qua sulla metà del rocchetto. Se non prende bene la linguetta si sgancia e la pellicola non avanza. Tu pensi di scattare, fai foto e continui a ricaricare l’otturatore pensando che il fotogramma avanzi, 1, 2, …, 32, 34, stiamo quasi alla fine, i rullini hanno 36 pose, 35, 36, è l’ultima, 37, c’è quasi sempre un fotogramma in più, 38, 39, …, c’è qualcosa di strano, magari riavvolgo e tolgo il rullino tanto deve essere per forza finito. Sbagliato! Il rullino non è mai avanzato, se lo sviluppi viene tutto trasparente. Certo puoi aprire e inserirlo meglio, magari questa volta funziona, ma le foto che pensavi di aver scattato in realtà non le avevi mai catturate, attimi e immagini persi per sempre.„

“A volte però apri e trovi il rullino tutto avvolto sul rocchetto. Al fotogramma 36 hai caricato con forza e strappato l’altro lato della pellicola che è venuta via dal rullino. E ora? Richiudi subito, le pellicole sono fatte in modo da proteggere i fotogrammi avvolti più in profondità. Estraiamo la pellicola al buio e vedrai che qualcosa viene fuori. Se ci dice bene abbiamo bruciato solo gli ultimi 3 o 4 fotogrammi.„

“Tutto chiaro? Caricato bene? Controlla che la manovella sull’altro lato giri quando carichi l’otturatore, vuol dire che la pellicola avanza.„

“Ho fatto una foto di prova, come faccio a vederla? Oh, che scemo, qui non c’è mica il display!„

“No, infatti non puoi vederla, devi tenere a mente le foto che hai fatto, la vedrai se tutto va bene domani, dopo i provini a contatto.„

Via ragazzi, tutti a fotografare. Bello, però che ansia!

Garbatella non è male da fotografare.

Ma sai che Garbatella è proprio fotogenica?„

“Rieccoci tutti di ritorno. Come è andata? Foto bellissime? Bellissime non so, ma alcune mi piacciono, non vedo l’ora di vederle. Oddio speriamo che siano venute! E se non sono venute? Eh no, non vorrei restarci male. Incrociamo le dita. Che emozione. Comunque mi sono innamorata di questa macchinetta, ha un non so ché, usarla è affascinante…„

“Bene ora impariamo a caricare le pellicole nella spirale per poi svilupparle nella tank. Davanti a voi avete delle pellicole scadute da usare alla luce per imparare a caricarle nelle spirali. Memorizzate la procedura, fatela ad occhi aperti, no, non provate ora a chiudere gli occhi, createvi una memoria visiva perché quando sarete al buio avrete solo il tatto a vostra disposizione. Imparate ad aprire e richiudere la spirale.„

“Bene, ora provate ad occhi chiusi. Perfetto. Sembra facile no? Ora scendiamo in camera oscura e facciamo le prove al buio.„

Il buio è denso, al buio però sembra più difficile.

“Oddio ma deve essere così buio? Ma non ci dovrebbe essere la luce rossa? Oggi no. Domani avremo la luce rossa, oggi no perché le pellicole sono pancromatiche, altrimenti non potreste fotografare gli oggetti rossi, ok, si, verrebbero neri come nei vecchi film muti, ma oggi le pellicole moderne sono pancromatiche per cui dovete caricarle al buio. Fatto? Ok, è facile anche al buio. Allora, proviamo a caricare i vostri veri rullini.„

“Cavolo, ma questa pellicola è diversa, più larga non entrerà mai! Non è diversa, è che è quella dove ci sono le foto che non vuoi definire bellissime ma che in realtà ti piacciono molto. È diversa l’emozione non la pellicola. Con calma, niente panico, abbiamo tutto il pomeriggio davanti.„

Fruscio di pellicole. Fruscio di pellicole che sfilano nelle spire delle spirali.

Finalmente.

“Tutte le tank sono state chiuse? Perfetto, accendete la luce.„

Fiat lux!

Wow, sempre più emozionati.

Prepariamo i bagni, prima però l’acqua alla giusta temperatura. Spiegone sul processo di sviluppo del rullino.

“Prima o poi lo spiegone vi tocca, è comunque tecnologia chimica, dovete capire come funziona.„

“Acqua a 20 gradi, non uno di più non uno di meno. Come fare? Termometro di precisione ad alcol, sembra quello al mercurio ma non è a mercurio e poi non si tira giù agitandolo, sale e scende da solo. Rubinetto tipo quello del bagno di casa col miscelatore e termometro sotto il getto. Fredda, calda, fredda, calda, calda, fredda, …, giusta! Si, proprio come nella canzone di Gaber quando si fa lo shampoo.„

Riempiamo il bricco con 5 litri di acqua a 20 gradi.

Aria da piccolo chimico. Soluzione 1+25 di Rodinal.

“Che vuol dire 1+25? Calcolatrice, perché 5.000 diviso 26? Non era 25? Ah, io con le proporzioni non sono mai stato bravo, però è facile.„

Rodinal, una formula chimica di oltre 100 anni, il primo rivelatore commerciale della storia per sviluppare la pellicola che abbiamo usato oggi realizzata con le nanotecnologie e che solo 5 anni fa non esisteva, eppure è una delle combinazioni che fornisce i risultati più belli. Il fascino del processo analogico è anche questo.

Rivelatore pronto, bagno di stop pronto, fissaggio pronto. L’inconfondibile odore della chimica fotografica, i colori delle soluzioni, le tank stappate in attesa del primo bagno, il cronometro digitale pronto.

“Ma non sarebbe stato più opportuno un bel cronometro a lancette? Che c’entra, non siamo mica fanatici, per contare è meglio il digitale, non l’hanno inventato per questo?„

“Pronti, via! Versare nelle tank, richiudere, vai con l’agitazione come vi abbiamo insegnato, agitare per i primi 30 secondi. Stop. Siamo al minuto, agitare per 7 secondi, stop. Siamo ai trenta, agitare per 7 secondi, stop. Siamo al minuto, agitare per 7 secondi, stop.„

“Ma per quante volte lo dobbiamo ripetere? 8 minuti abbiamo detto, coraggio, siamo quasi alla fine.„

“Ok, 8 minuti, aprire la tank, versare via lo sviluppo e mandare dentro lo stop. Non, non lo si deve buttare nella tazza, è un prodotto chimico, deve essere smaltito per bene. Anche l’olio che usate per il fritto lo dovete smaltire e non lo dovete buttare nel lavandino.„

“Stop ok, ora passiamo al fissaggio, 7 minuti, agitate ogni tanto, ma rilassati, oramai quello che è fatto è fatto. No, non mi dire così che mi viene l’ansia.„

“Perfetto, via il fissaggio.„

E ora, il momento della verità.

“Via la prima coppia a sciacquare sotto l’acqua corrente. Sette, otto minuti almeno, meglio 10.„

“Si, potete aprire la tank ma tanto non si vede niente. È inutile che sbirci, non rovinare la pellicola, lasciala tranquilla nella spirale mentre risciacquiamo. Faccia perturbata. Hai visto tutto nero, vero? Tranquillo, sembra sempre tutta nera.„

“Ok, ci siamo. Un breve bagno con acqua distillata e imbibente per togliere il calcare dell’acqua di rubinetto. E ora, aprite!„

Rullo di tamburi. Tensione alle stelle. Suspance.

Wow, ecco i fotogrammi. Grida di giubilo. Facce sorridenti e distese. Emozione. Le foto ci sono, sembra un miracolo! Rullino tenuto in alto come l’ampolla con il sangue di San Gennaro.

“Perfetto, non toccatele troppo. L’emulsione è umida si riga facilmente, non alzate polvere che si impasta sull’emulsione e rovinate tutto. Tranquilli, è bagnata, non si capisce niente, sono in negativo. Sembrano sfocate. L’emulsione è gonfia, scopriremo domani come sono venute. La fotografia analogica richiede pazienza. Appendiamo i rullini e buona serata. Ci vediamo domani, 10:30.„

Domenica mattina. Alle 9:30 i primi ansiosi sono già nello Spazio Chirale.

Tavoli bianchi, strisce di negativi asciutti distesi sui tavoli. Tavolo luminoso e lupe. Forbici, Odore di celluloide.

“Non si usa la celluloide per le pellicole da almeno 90 anni. Lo so, ma i negativi odorano lo stesso di celluloide. Che ne sapete dell’odore di celluloide, siete troppo giovani, nessuno di noi l’ha mai vista. Non lo so, ma questo è odore di celluloide ne sono sicuro. Vabbé, quando ero piccolo le palline da ping pong erano di celluloide e non avevano quest’odore. A me sembra l’odore delle bolle di sapone. Ma che dici, le bolle di sapone non hanno odore e semmai profumano. In effetti, l’imbibente con cui abbiamo risciacquato le pellicole per evitare il calcare si usa anche per fare i liquidi delle bolle di sapone.„

“Ora però tagliate i negativi in strisce da 6 fotogrammi e mettetele nei pergamini.„

“Perfetto, tutti in camera oscura.„

Ecco le luci rosse. “Che figata.„

Ingranditori, bacinelle, pinze. Mix di tecnologia ottica e chimica. Odore di fotografia analogica. L’inconfondibile aroma del bagno di fissaggio.

Si parte con i provini. Ecco la carta fotografica. Riconoscere al tatto il lato con l’emulsione.

Odore di carta fotografica. “Per favore, non sniffate le buste nere aperte con il pacco di carta all’interno che se per sbaglio qualcuno accende la luce bruciate 100 euro di fogli. È un corso di camera oscura mica da sommelier.„

Regolazioni, tempo, proviamo con 4 secondi a F8. Andiamo per esperienza, sono i provini a contatto, poi con le singole foto faremo le prove in modo accurato.

“Timer digitale regolato a 4 secondi. Digitale? E basta con questa storia del digitale contro l’analogico, i timer sono sempre stati digitali quelli a lancette sono scomodi e non li usava nessuno nemmeno 30 anni fa.„

Luce bianca. Quattro secondi, stop.

“Via nel primo bagno. Wow. Sembra una magia, il foglio era bianco e ora sta comparendo l’immagine. Ecco la striscia di piccoli fotogrammi, ma questa volta in positivo. Mannaggia sono scure, questa è chiara, questa… No, non vuol dire niente, sono provini, l’importante è che si veda cosa c’è nella foto. Ora via, fate tutti il provino a contatto e poi di nuovo sopra a scegliere la prima foto da stampare. Filtro rosso sotto l’ingranditore, accendere, carta, che buon odore, emulsione in alto, disposizione dei negativi, spegnere e mettere in stand by, togliere filtro, timer a 4 secondi, tu prova a 8 che hai i negativi più densi, luce bianca, stop, bagno sviluppo, wow che magia, ora bagno di stop, ora almeno novanta secondi nel fix, ok possiamo accendere le luci. Sembrano belle, andare a sciacquare bene la stampa dei provini.„

Ora iniziamo le stampe. Inserimento del negativo nella testa. “Accendere, proiezione, regolare grandezza, mettere a fuoco. Ecco a voi il focometro. Che figata vedo la grana! Perfetto, è a fuoco.„

“Ora vi insegno a fare i provini di esposizione a strisce.„

“Perfetto, ora sviluppiamo. Bella così a strisce, quasi quasi mi tengo questa. Per me va bene a 6 secondi, meglio 4, ok facciamo 5 e mezzo.„

“Bella foto. Ma che meraviglia. Avanti un altro.„

“Tutto chiaro? Ci sono tre ingranditori e tre linee di bacinelle per il processo. La camera oscura è tutta vostra.„

Silenzio. Suono leggero dei chimici che fluttuano lenti nelle bacinelle. Il tempo sembra essere regolato su un’altra dimensione. Luce rossa, luce chiara, stampe che si allineano sui tavoli per l’asciugatura.

Prove, pasticci, esperimenti, entusiasmi, delusioni, confronti. “Meglio più chiara, meglio più scura. Vorrei questa parte bianca così chiara ma anche questa parte grigia più scura di così.“

“Ok. È giunto il momento di parlare della regolazione del contrasto.„

Il tempo trascorre senza che nessuno se ne renda più conto. In camera oscura il tempo sembra essersi fermato, ma per il resto del pianeta sono già le sette del pomeriggio ed è il momento di tornare alla luce bianca della galleria Spazio Chirale e ammirare il frutto del proprio lavoro.

“Non avrei mai immaginato che in solo due giorni avrei riportato a casa delle stampe così belle.„

Come sempre le stampe più interessanti sono quelle che nascono dagli errori commessi casualmente, spesso irrimediabili ma anche irripetibili, non nello stesso modo, non nello stesso tempo.

Adesso è chiaro a tutti. Ogni singola stampa è un pezzo unico che esiste perché sono state compiute delle azioni in un certo modo qui ed ora. Potrai tentare di ripetere mille volte in camera oscura quelle azioni ma non otterrai mai la stessa identica stampa e le sensazioni che proverai facendola non saranno mai le stesse.

Sono stati due giorni intensi ma di assoluto divertimento.

È per questo che si fabbricano ancora le pellicole e c’è addirittura qualcuno che investe in ricerca e sviluppo, ma per chi ha partecipato al workshop la cosa non stupisce affatto.